L'architettura è una scultura abitata. Constantin Brancusi

Trovarci insieme è un inizio, restare insieme un progresso, lavorare insieme un successo. Hanry Ford

domenica 9 gennaio 2011

L'anima delle cose

Il New York Times ha incoronato, lo scorso 26 dicembre, la mostra ‘Quali cose Siamo’ della Triennale come migliore design exhibition dell'anno. Nella motivazione viene riconosciuto in particolare il valore delle attività del Triennale Design Museum, primo museo del design italiano, e l’attenzione costante che la sua inedita e innovativa formula riesce a raccogliere internazionalmente.


Del giovane artista Andrea Sala l’intervento grafico-pittorico sul Cicognino, tavolino icona disegnato da Franco Albini nel 1954, courtesy Andrea Sala/Federica Schiavo Gallery, Roma

A Milano il Triennale Design Museum celebra l’umanesimo degli oggetti. Al via la terza edizione delle mostre tematiche firmate dal museo milanese: articolate riflessioni su progetto e dintorni che raccontano il design italiano del Novecento per immagini e metafore.

Il visionario divano Montanara, progetto di Gaetano Pesce, 2009, per Meritalia

Quest’anno la selezione di pezzi è curata da Alessandro Mendini, l’allestimento museale che li mette in scena è opera di Pierre Charpin. L’eclettico maestro dell’estetica e il sofisticato designer francese danno vita a ‘Quali cose siamo’, visionaria kermesse dal segno forte e dalla grande potenza scenica. Mendini parte dall’uso ‘delle cose’, che esplora da un punto di vista sociologico, antropologico, emozionale: «Guardo gli oggetti che sono davanti a me.

All'interno della mostra Quali cose siamo?, la collettiva 'La Torre di Babele' dove 15 giovani designer - su indicazione di Mendini - ripensano alla utopica torre e la rileggono in chiave contemporanea

Essi sono di tutti i tipi: una lampada, della carta, un violino, un vaso, un calorifero, una statuina, una tazza, una caramella, un cuscino, una scatola, una medicina, un telefonino, alcune automobili fuori dalla finestra, qualche pianta, un segnale stradale, dei fiori….». Da questa osservazione sulla quotidianità arriva a disegnare il design individuale: «Intimamente legato alla vita (reale, normale e affettiva) della gente». Un design che spazia tra il povero e il lussuoso, l’artistico e il funzionale, il banale e lo straordinario. Nella summa raccolta da Mendini c’è spazio per la bottiglia del Campari e il David di Donatello, per le scarpe Sixties di Salvatore Ferragamo e per le macerie del terremoto d’Abruzzo. Ci sono anche i giochi dei bambini, dal dondolo d’antan fino ai mostriciattoli dell’oggi, i Gormiti.

La mitica macchina da scrivere meccanica portatile Lettera22 realizzata dalla Olivetti negli anni Cinquanta vinse il Compasso d'Oro nel 1954. Designer Marcello Nizzoli con Giuseppe Beccio. E’ nella collezione permanente di design del Moma di New York. In mostra c’è l’originale di Indro Montanelli - courtesy Fondazione Montanelli Bassi, Fucecchio (FI)


Ma non solo, c’è posto anche per un quadro di Morandi, un pianoforte, un bicchiere, l’Ape della Fiat, la lettere 22 di Indro Montanelli, le porcellane Lenci e la camicia di Gio Marconi. La selezione degli 820 pezzi «che ci definiscono» è un gioco della memoria dove ciascuno può ritrovare la sua storia. Tra passioni e ossessioni, sulle scabre pedane di legno ideate da Charpin c’è lo spaccato del Paese Italia: «Quando per la prima volta ho visto le opere selezionate per il museo, ho avuto la strana impressione d’intraprendere un viaggio o di ritrovarmi nella posizione di un esploratore, invitato a scrutare il contenuto di una mente (quella di Alessandro? Quella di un Paese?) la cui memoria sfilacciata nel tempo, avesse prodotto una grande quantità, varietà, d’informazioni, immagini, sensazioni» spiega Charpin.

La scultura in legno di Pierluigi Calignano, ‘Come sopra’, 2005, courtesy Galleria Colombo, Milano. Asinistra un ritratto di Ettore Sottsass firmato Riccardo Sambonet


Il francese intimamente legato all’Italia (è stato studente dell’Accademia di Belle Arti di Brera) e il decano del Made in Italy insieme danno vita a uno profilo nostrano inedito e inaspettato. Grandioso e colto. Emozionale ed emozionante. Tutto da vedere. E rivedere. Perché una sola visita non basta a cogliere le sfaccettature di una mostra densa, intensa, estremamente intelligente: «Era quello che volevamo» dice Silvana Annicchiarico.

L’opera Pastor Angelicus, 2008, di Franco Summa e Livia Crispolti, courtesy Franco Summa, Pescara


Il direttore di questo museo dinamico che ogni anno cambia pelle e anima mira proprio a questo, a comporre mostre dove i visitatori perdano il senso del Tempo, mostre con il dichiarato obbiettivo: «Di sorprendere e di rivelare» dove «Ci sono alcune tesi certo, ma non c’è una risposta assoluta. Ognuno può uscire con una sua storia del design. Il discorso rimane aperto».

La lampada Anemone, 1998, prototipo firmato Paolo Ulian e realizzata con 400 penne bic snodabili tra loro


Dino Soft, rivisitazione in chiave design del classico dondolo d’antan di ZPZ Partners per PLAY+


Di Pao, ‘Cocomero’, 2002, decorazione d'artista su un panettone in cemento di Enzo Mari. L’oggetto di industrial design che incontriamo ogni giorno per le strade viene rivisto da un intervento artistico



La poltrona di Alessandro Ciffo, Damien, 2009

Fonte: http://atcasa.corriere.it/Tendenze/Dove-andare/2010/03/29/triennale-oggetti-mendini_3.shtml#articolo



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